Il Tirreno

Pistoia

Profughi, si cercano altri centri per la prima accoglienza

Profughi, si cercano altri centri per la prima accoglienza

Nella provincia di Pistoia si punta sul privato sociale per cercare nuovi posti, mentre tramonta l’ipotesi Femminamorta

04 ottobre 2014
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PISTOIA. Non bastano le strutture sinora destinate a centri di prima accoglienza per assorbire i migranti ora ospitati a Pescia, Marliana e Pistoia e allo stesso tempo accogliere i nuovi arrivi. Pare infatti, anche se mancano comunicazioni ufficiali dalla prefettura di Firenze, che il numero di profughi destinati a Pistoia ammonti a circa 300.

E magari, come successo per Femminamorta, alcune soluzioni devono essere riviste. Tramonta infatti l’ipotesi dei 24 profughi alla struttura della curia “Alleluia”. Il prefetto Mauro Lubatti ha deciso di accogliere la richiesta del sindaco Marco Traversari. Troppi, avrebbe in pratica detto Traversari, i profughi ospitati nel Comune in rapporto ai residenti, che nei giorni scorsi hanno firmato una petizione esprimendo la propria contrarietà.

Resteranno a Marliana, o meglio, mentre quelli ora presenti all’Hotel Europa confluiranno nei centri di accoglienza, altri subentreranno al loro posto. Ma il sindaco di Marliana e quello di Pescia, Oreste Giurlani, hanno ottenuto rassicurazioni dal sottosegretario Domenico Manzione che ci sarà un progressivo svuotamento degli alberghi, che hanno presentato molte criticità.

Da marzo 2014 ad agosto Pistoia ha accolto 253 persone, molte delle quali hanno deciso di non richiedere lo status di rifugiato e si sono allontanate per raggiungere il Nord Europa. Al 30 settembre,erano presenti circa 150 persone richiedenti asilo o sbarcate recentemente e in attesa di definire il proprio status (89 a Pescia all’Hotel dei fiori, 33 a Marliana, 25 a Pistoia). Fin da subito, è scritto in un dossier curato dal Centro antidiscriminazione della Provincia, «è emersa la difficoltà dell’inserimento: molti ospiti in contesti medio-piccoli, rapporto diretto tra prefettura e gestore senza il coinvolgimento degli enti, incompetenza dei gestori rispetto ad alcune delle richieste contenute nella Convenzione governativa (mediazione linguistica, supporto psicologico, accompagnamento al disbrigo delle pratiche per ottenere lo status di rifugiato)».

Vista la prosecuzione degli sbarchi ad aprile e maggio, la Regione ha convocato un incontro tra le amministrazioni delle città capoluogo, che si è tenuto il 10 giugno. A quest’incontro hanno partecipato la presidente della Provincia Federica Fratoni e i referenti del Centro antidiscriminazione. In quella sede è stato comunicato che il nuovo modello organizzativo avrebbe previsto - al posto degli alberghi - la costituzione di centri di prima accoglienza, definiti Hub (più o meno, dall’inglese, significa parcheggio temporaneo). Pistoia però non è riuscita a individuare le strutture necessarie entro il termine del 30 giugno. Il 5 agosto la prefettura ha indetto una gara per trovare operatori ai quali affidare 155 posti in centri di prima accoglienza. Hanno vinto la coop Pantagruel, la coop Gli Altri e il consorzio Co&So. I posti sono così ripartiti: Marliana (i 24 destinati inizialmente a Femminamorta), Collina Pistoiese (44 posti), Massa Cozzile (6), Le Piastre (50), Maresca (18), La Lima-Piteglio (13).

Ce poi lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati): è un’accoglienza di secondo livello. Il progetto Sprar Pistoia è gestito da un’Associazione temporanea d’imprese, di cui il Comune di Pistoia è ente capofila. Garantisce progetti di accoglienza in alloggi per 4-8 persone. Fornisce assistenza e formazione linguistica. Lo Sprar di Pistoia ha a disposizione 43 posti. «Non essendo sufficienti - spiega la funzionaria del Centro antidiscriminazione Barbara Beneforti - una volta che i migranti hanno in mano il documento che attesta lo status di rifugiato, si cerca loro sistemazione in una struttura Sprar in altre regioni. Attualmente 14 persone sono ospitate a Pistoia, 5 ad Agliana, 6 a Monsummano, Pieve e Quarrata, 4 a Serravalle».

Ma la vera priorità restano i centri di prima accoglienza, perché quelli sinora disponibili non sono sufficienti. E c’è da “mediare” con le preoccupazioni di popolazioni locali rese più diffidenti dalla crisi.

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